Mantova, già in corsa per il titolo di Capitale europea della cultura 2019 (onore poi toccato a Matera), si rifà con quello di Capitale italiana della cultura 2016. Il modo migliore per ripartire, dopo le ferite del terremoto del 2012. L’elenco delle cose da vedere sarebbe lunghissimo (e, per fortuna, il centro storico è piuttosto concentrato e si può visitare tranquillamente a piedi, oltretutto al riparo dei lunghi portici). Poi ci sarebbero quelle da assaggiare, tipo i tortelli di zucca o la torta sbrisolona.
Ma ecco almeno dieci cose da non perdere nella città proclamata dall’Unesco Patrimonio mondiale dell’Umanità, nel 2008, per l’eredità architettonica e monumentale lasciata dai Gonzaga, signori di Mantova per quasi quattro secoli.
Il profilo di Mantova e il castello che si specchiano nelle acque dei laghi che la circondano è di quelli che non si dimenticano. E vi farà venir voglia di farvi magari un giro in motonave, tra cormorani, aironi e fiori di loto. Il miglior biglietto da visita per chi arriva in città.
La reggia dei Gonzaga è uno dei più grandi edifici monumentali d’Italia e d’Europa (circa 34 mila metri quadrati). Costruito a partire dal XIII secolo, dalla casata dei Bonacolsi, all’epoca dominante in città, porta le tracce dei secoli e dei diversi stili architettonici. Gli interni sono spogli (i Gonzaga, sfiniti da decenni di guerre ed eccessi, finirono per vendere le straordinarie collezioni di arte e gioielli che li resero celebri nelle corti di mezza Europa), ma comunque magnifici e in buona parte affrescati.
In uno dei torrioni del castello di san Giorgio, annesso a palazzo Ducale, si trova il capolavoro di Andrea Mantegna (1431-1506): la Camera degli Sposi, una stanza affrescata, realizzata tra il 1465 e il 1474, per ritrarre i componenti della famiglia Gonzaga. A dominare la stanza, l’oculo, una finta apertura verso il cielo dalla quale si affacciano dei putti. Uno straordinario gioco prospettico, un capolavoro nel capolavoro.
Piazza Sordello, piazza Broletto, piazza Erbe, piazza Mantegna. Una in fila all’altra, una più bella dell’altra (almeno
così dicono). Da attraversare camminando senza fretta e guardandosi attorno, ma soprattutto alzando gli occhi, per ammirare gli splendidi palazzi che le circondano.
Affacciata su piazza Mantegna, la facciata è uno dei capolavori di Leon Battista Alberti (1404-1472). All’interno vi è la tomba di Andrea Mantegna. Ma, nei secoli e ancora oggi, la chiesa è importante, dal punto di vista religioso, perché custodisce la reliquia dei Sacri Vasi. Secondo la tradizione, conterrebbero il Preziosissimo Sangue di Cristo, che il soldato romano Longino raccolse dal costato del Messia crocifisso.
Un angolo della città un po’ meno noto ai turisti, ma che i più romantici non possono mancare. Il Rio è il canale che taglia in due tutto il centro storico, per collegare il lago Inferiore e quello Superiore. Ma è stato in gran parte “tombato”. La parte ancora a cielo aperto è però davvero suggestiva. In particolare all’altezza delle Pescherie, nell’omonima via.
Camminando lungo il cosiddetto “percorso del Principe” e uscendo dal centro storico, dopo circa un chilometro si arriva a Palazzo Te (e buttate almeno un occhio al tempio di San Sebastiano, sempre di Leon Battista Alberti e all’omonimo palazzo, sede del museo della città). Qui il genio artistico che aleggia è quello di Giulio Romano (1499-1546).
A qualche centinaio di metri da piazza Sordello, celato da una facciata discreta (realizzata da Giuseppe Piermarini: sì, quello della Scala di Milano), c’e’ un altro luogo da non perdere: il Teatro Scientifico del Bibiena. Progettato e costruito dall’architetto parmense Antonio Galli Bibiena (o Bibbiena) in soli due anni (tra il 1767 e il 1769) su commissione dell’Accademia dei Timidi, un mese dopo l’inaugurazione, il 16 gennaio 1770, ospitò l’esibizione di un bimbo prodigio. Tale Wolfgang Amadeus Mozart. Appena quattordicenne, il genio di Salisburgo tenne qui un concerto memorabile con il padre Leopold.
Due scheletri, di un uomo e di una donna uniti in un abbraccio millenario. Gli Amanti, scoperti nel 2007 durante gli scavi archeologici di una villa romana alle porte della città (in località Valdaro), sono i resti di una giovane coppia che visse qui nel Neolitico. Sepolti in posizione fetale, faccia a faccia e con le braccia protese come in un gesto d’amore, al loro ritrovamento riscaldarono anche i cuori di pietra. I Romeo e Giulietta della Preistoria, li ribattezzarono. Arrivarono le tivù di tutto il mondo. Finirono sulle cartoline di San Valentino (vennero scoperti pochi giorni prima del 14 febbraio, nel 2007).
Adesso che vi siete annotati le cose da vedere, segnatevi la data. Primo mercoledì di settembre. Ogni anno, quel giorno, e fino alla domenica successiva, Mantova diventa la repubblica delle lettere. Premi Nobel e scrittori semisconosciuti, incontri, reading, volontari in maglietta blu, varie ed eventuali. E, soprattutto, un’atmosfera che non si può descrivere, ma soltanto vivere. Il Festivaletteratura, nato nel 1997, è, non a caso, il padre di tutti i festival letterari e culturali d’Italia. Sempre imitato, mai eguagliato, per rubare un vecchio slogan alla pubblicità.