Un nuovo caso per Andrea Giordani, ex giornalista di cronaca nera, costretto a pagare sulla propria pelle a caro prezzo le scelte fatte in passato. Romano, trasteverino, è un “ghostwriter”, scrive con uno pseudonimo i suoi articoli, e il direttore del giornale, Massimo Dotti, non hai mai voluto rinunciare al suo fiuto giornalistico. Le sue passioni sono poche ma intense, prima fra tutte la musica, che lo ha spinto ad aprire un negozio di dischi vintage molto singolare e ricercato, a due passi da casa sua. In questa sua seconda attività lo aiuta Francesco, un ragazzo conosciuto al giornale anni prima, che poi nel tempo è diventato uno stretto collaboratore. L’ultima indagine sembrava a un certo punto essere giunta a un tragico epilogo, una vicenda dai risvolti a metà tra reale e virtuale. Un unico scopo criminale di fondo, la vendetta. Lui e Francesco erano arrivati a stretto contatto con il serial killer, forse troppo, pagandone per primi le conseguenze. Solo l’intervento finale del giovane commissario Pasini era riuscito a ricondurre tutta la vicenda entro i labili margini di un’apparente stato di normalità, risolvendo il caso. Ma un omicidio alla sua vecchia facoltà di Giurisprudenza, li porterà a collaborare nuovamente insieme. Un’indagine che si preannuncia controversa e difficile, anche se apparentemente scontata fin dall’inizio, in cui la “Sapienza” non sarà certamente la miglior dote espressa dagli indagati.
Il Trailer
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Il giallo, per definizione, non è un libro di avventure, o di spionaggio, nè tantomeno un romanzo rosa, ma neppure un trattato filosofico o un’opera che cambierà la storia del mondo. Di più, la scrittura nel giallo, per forza del suo destino, è sempre una scrittura di partenza, mai una scrittura d’arrivo. Inutile quindi tessere le lodi dell’autore per avere posto in primo piano problematiche sociali pregnanti per i nostri tempi, o sottili qualità semantiche. Un buon romanzo giallo dovrebbe essere valutato, solo ed esclusivamente, per la qualità della trama criminale e per la fluidità con cui questa si fonde nella storia raccontata.Il lettore attento deve potere sempre terminare il libro, con la minima soddisfazione di avere visto spiegata, non solo la ragione d’essere di ogni indizio rivelatosi veramente valido, ma anche quella di ogni passaggio fuorviante. Uno scrittore può utilizzare stratagemmi già noti, qualunque essi siano, ma una trama non è valida se non contiene una qualche peculiarità che distinguerà il romanzo da tutta la produzione precedente. In ogni buon giallo che si rispetti, ci deve essere solo e soltanto una verità sul come si sono svolti i fatti. Questa è anche condizione imprescindibile per valutare la qualità della trama. Detto questo, buona lettura.
Le prime pagine
I vicoli di Trastevere sono da sempre animati dall’antica genuinità di chi ci abita, quasi a ricordare come una volta in quel Rione convivessero tranquillamente popolo, aristocrazia e clero. Rappresentano un assaggio di romanità verace, dove si respira l’autentico spirito capitolino. Camminando, si svelano lentamente tutte le botteghe e i negozietti rimasti intatti nel tempo. In mezzo a quell’intreccio pittoresco di vie, Agnese stava camminando con passo spedito. Quella mattina era un po’ in ritardo rispetto al solito. Non era la prima volta che il fruttivendolo, mentre la serviva, le raccontava tutte le sue confidenze familiari. Il carrellino della spesa, pieno di ogni ben di Dio, pesava tremendamente. Arrivata a casa, aprì le serrande della sala e andò dritta verso la camera da letto: «Buongiorno signor Giordani, sono le nove e mezza».
Andrea con fatica enorme provò a risponderle. Appena sveglio, di solito, riusciva a farfugliare solo frasi sconnesse: «Buongiorno Agnese, libero subito la stanza, vado a prepararmi un caffè…».
Gli occhi appena socchiusi distinguevano solo i contorni offuscati della donna, ma questo non sembrava turbarlo. La seguiva con lo sguardo assonnato mentre si muoveva veloce tra gli ostacoli disseminati sul pavimento qua e là nella stanza, pronta per le faccende.Lui era abituato anche a quello. Faceva parte del rito mattutino di alcuni giorni della settimana. Un giorno sì e un giorno no, Agnese veniva prima del caffè, della barba e della doccia.
Dopo circa un’ora dal suo risveglio, Andrea era pronto per uscire.
«Ciao Agnese, ci vediamo dopodomani.»
L’aspirapolvere già in funzione copriva qualunque altro rumore della casa. Uscì ugualmente, senza aspettare la risposta.
Mentre stava aprendo il portone, sentì suonare il telefono. Era Massimo, il direttore del giornale.
«Ciao, meno male che hai risposto subito.»
«Perché di solito non lo faccio?»
«Vedo che sei di buon umore, meglio, devi andare di corsa alla Sapienza.»
«Non ci penso proprio, io odio quel posto, e non poco.»
L’università era stata un’imposizione del padre nei suoi confronti, avrebbe voluto fare altro nella vita. Alcuni sintomi di ribellione a certe regole li aveva mostrati in gioventù anche nel modo di vestirsi, ma in quel caso i genitori non erano riusciti a domarli in nessun modo. Anche la scelta della facoltà non era stata sua, non si era mai visto come un futuro avvocato, figuriamoci poi in un’aula di tribunale…
«Guarda che c’è stato un omicidio.»
«Ah, sì?»
«È stato ucciso un professore.»
«Un barone vorrai dire.» chiarendo di fatto tutto il disprezzo che provava per quella categoria.
« Dai non essere prevenuto, c’è anche brava gente all’università, e poi è della tua vecchia facoltà.»
A quel punto Andrea rallentò il passo, quasi fermandosi. Un caso che riguardava il suo passato, Giurisprudenza.
«Spiegati meglio.»
«Si tratta del professor Galli, docente di diritto privato, lo conosci?»
Forse ne valeva la pena. Decise di accettare, anche se controvoglia. Non sapeva se provare dispiacere o compiacimento per la morte di un professore, ma si vergognò subito di quei pensieri. Scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli, poi rispose.
«Mai sentito…comunque vado subito, dai, poi ti richiamo.»
Durante il tragitto in macchina da Trastevere a Castro Pretorio, avvisò Francesco, che lo stava aspettando in negozio. «Ciao Francesco, stamattina non potrò venire, mi hanno chiamato dal giornale.»
La musica era diventata il suo secondo lavoro. Un negozio vintage di dischi vicino a casa sua, e Francesco era entrato velocemente a far parte del suo ritmo di vita quotidiano. Come un’abitudine su cui fare pieno affidamento, il ragazzo era passato da alcuni compiti marginali da svolgere al giornale, a un ruolo molto confidenziale e collaborativo in negozio. Il suo coinvolgimento in prima persona nell’indagine del serial killer di qualche mese prima gli era quasi costato la vita. Ma ciò non aveva minimamente attenuato quella sua voglia di essere sempre al centro delle notizie di cronaca.
«Non si preoccupi, signor Giordani, ci penso io qui. Sono appena arrivati dei dischi nuovi.»
«Sistemali tu sugli scaffali, passerò dopo pranzo.» Si fidava di Francesco, ma preferiva occuparsi personalmente della disposizione dei dischi. Quella era una sua prerogativa specifica, per dare un filo logico alla consultazione dei generi musicali ai clienti.
Anche se erano passati tanti anni, la strada per l’università in fondo non era cambiata. Quasi sovrappensiero alla guida, Andrea ripensava a quanto avesse odiato ogni singolo giorno passato a quelle noiose lezioni. Per non parlare poi delle ore perse a memorizzare definizioni, leggi, sentenze. Certi professori boriosi e le loro vergognose raccomandazioni. Aveva ancora molto rancore dentro, convinto com’era di aver sciupato una parte dei suoi anni migliori in quell’Ateneo. Era una ferita ancora troppo aperta.
Quando dopo la laurea comunicò ai genitori che avrebbe fatto il giornalista, la delusione, soprattutto del padre, fu enorme. Se poi avesse saputo che un giorno non avrebbe nemmeno potuto utilizzare il suo vero nome per firmare gli articoli, sarebbe stato un dramma.
Era quasi arrivato. Proprio in quel momento una macchina stava uscendo lasciandogli un posto inaspettato nelle immediate vicinanze dei cancelli dell’ingresso universitario. Sarebbe stato un gradito miracolo per Andrea, se solo non avesse dovuto parcheggiare vicino a una Smart di un colore assurdo. Un rosa shoking inguardabile per i suoi gusti. Pazienza pensò saranno cavoli suoi che ci va in giro, sembra un confetto…e proseguì a piedi senza voltarsi.
L’accesso principale era insolitamente presidiato dalle forze dell’ordine e solo in un altro caso ricordava di aver visto tanti agenti di Polizia. Anche allora si trattava di un omicidio, quello di Marta Russo. Stessa facoltà, ma quasi vent’anni prima. Sperò, in cuor suo, che non si ripetessero i depistaggi ed i misteri che avevano avvolto quel caso, chiuso poi in maniera del tutto inopinata…all’italiana.
Il viale centrale con le aiuole ai lati era affollato di studenti, incuriositi per l’accaduto. Parecchi erano anche affacciati alle finestre degli istituti che lo costeggiano. Per la maggior parte di loro si trattava di un evento nuovo che li distraeva dalla solita monotonia delle lezioni, nient’altro. Chiacchieravano tra loro, chi fumava una sigaretta, chi giocava con il telefonino, scattando qualche foto per immortalare quella novità. Nessuno sembrava veramente interessato a quello che era successo.
Con un sorriso quasi di scherno, Andrea guardò la statua della Minerva, una delle cose che più lo infastidiva, soprattutto prima degli esami. La scalinata del Rettorato dove tante volte si era seduto a mangiare un panino con gli amici, piena di ricordi. Svoltò a sinistra. L’ingresso con la scritta a caratteri cubitali “facoltà di giurisprudenza”. Avvertì quasi un senso di fastidio, lo stesso che provava da studente attraversando quelle stanze e quei luoghi in stile con il ventennio fascista. Arrivò all’istituto di diritto privato, dov’era stato commesso il delitto.
Fino a quel momento non aveva incrociato nessun viso familiare, segno che il tempo passato dalla sua laurea aveva prodotto un consistente ricambio generazionale nel complesso dei docenti. Più di trent’anni dalla sua laurea in fondo non si potevano considerare pochi.
Anche l’ambiente in generale era diventato molto meno formale, più consono a quelle che erano le tendenze e le abitudini dei giovani di adesso. Incontrare uno studente in giacca e cravatta era praticamente impossibile.
«Almeno tutti questi anni qualcosa di buono l’hanno prodotto, ci sono addirittura studenti in pantaloncini corti» sibilò in maniera sarcastica, mentre si guardava intorno.
Stavano portando via su una barella il corpo senza vita della vittima, coperto da un lenzuolo bianco. Circondato da alcuni giornalisti, Andrea intravide Pasini. I due si salutarono con un cenno della mano quando i loro sguardi si incrociarono. Non appena finì di rilasciare le dichiarazioni di rito alla stampa, fu proprio l’ispettore ad avvicinarsi.
«Giordani, è un piacere rivederla, è qui per l’omicidio?»
«Mi hanno chiamato dal giornale per l’articolo.»
«Mi fa piacere, a un certo punto quasi ci speravo di vederla insieme ai suoi colleghi.»
«Colleghi è una parola grossa per me, vista la mia situazione di giornalista senza firma. Lei piuttosto è un po’ lontano dal suo commissariato.»
«Ho chiesto il trasferimento un mesetto fa e sono stato assegnato a questa zona.»
«Posso chiedere a lei allora.»
Pasini con un braccio prese da parte Andrea, cercando un angolo discreto dove poter parlare tranquillamente.
«A prima vista si dovrebbe trattare di legittima difesa, l’omicidio è stato commesso da una studentessa, Francesca Sallini.»
«Ci sono testimoni?»
Mentre faceva questa domanda, Andrea si guardò intorno. C’erano tantissimi studenti vicino all’istituto di diritto privato. Sapeva benissimo che facendo alcune domande ai presenti avrebbe ottenuto qualche indizio o indiscrezione sulle persone coinvolte nell’accaduto. Magari sarebbero stati più utili di quanto raccolto con le normali testimoniante in commissariato. Ascoltò quasi con indifferenza la risposta.
«Nessuno. È stata aggredita e si è difesa».
«L’ha già interrogata?»
«No, sto andando a sentirla proprio adesso.»
Alle loro spalle il viavai di persone era sempre più intenso.
I corridoi universitari, e tutto l’ambiente in genere, erano come una sorta di formicaio. Persone sempre in perenne movimento, frenetiche, in apparenza slegate una dall’altra, ma al contrario, tutti sapevano quello che succedeva in ogni angolo della facoltà, almeno per sentito dire.
A quell’ora poi, la confusione era tanta. Molti erano lì solo per macabra curiosità. Stazionavano in gruppi, chiacchierando con disinvoltura. Erano come in attesa di qualcosa o forse, pensò malignamente Andrea, speravano semplicemente di apparire nel telegiornale della sera. Continuò comunque il suo colloquio con Pasini come se niente fosse.
«Non penso che le dirà molto.»
La ragazza rispose con voce rotta dal pianto alle domande che le venivano rivolte, raccontando la sua versione sull’accaduto. Era seduta sul bordo di una sedia, riuscendo a stento a trattenere il nervosismo. Muoveva le mani strofinandole sui suoi jeans sporchi di sangue. Sembrava sul punto di cedere alla disperazione.
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