Carissimi amici, innanzitutto, prima di raccontarvi la mia storia, lasciate che mi presenti: il mio nome è Gian Luigi (Gianni per gli amici, ovvero per tutti), e sono una persona cui il destino ha voluto che fosse inserita nella sua vita l’opportunità di vivere un’esperienza che, pur ravvisandone i lati tragici, presenta dei risvolti ai limiti dell’umana comprensione. Ed è per tale motivo che mi sarà un po’ difficile esprimere a parole quelle che sono sensazioni di gioia, di preoccupazione e d’intensa emozione che ho indubbiamente provato. Cercherò di fare del mio meglio con l’intento di portare speranza ed un modo di vedere il futuro in chiave più ottimistica a chi vive simili esperienze. La mia situazione è quella che vive colui che ha subito un trapianto d’organo. Nel mio caso si tratta del fegato. L’intervento è stato effettuato circa due anni e mezzo fa dalla meravigliosa équipe, presieduta dal Prof. Davide D’Amico, presso il Policlinico Universitario di Padova (Clinica Chirurgica I^). Ma più che del fatto tecnico in stesso, indubbiamente molto importante vista anche l’ottima riuscita, preferirei soffermarmi su quanto un trapiantato viva lo “sconvolgimento” della sua esistenza.
In queste righe è descritto quanto io ho provato, ma posso assicurare che si discosta di poco da altri “casi”. Il trauma iniziale è, indubbiamente, quando un medico, dotato indubbiamente di una lungimiranza non trascurabile, comunica all’interessato che debba essere presa in considerazione l’opportunità di un trapianto. Anche se viene usato il maggior tatto possibile, il balzo del pensiero all’interno della propria coscienza porta immediatamente a pensare all’irreparabile. Io ho faticato non poco ad adattarmi alla nuova situazione. Situazione molto particolare, perché improvvisamente ho dovuto mettere da parte tutto quello con cui riempivo la mia quotidianità. Il lungo periodo che si vive in ospedale per la valutazione al trapianto, porta innanzitutto a dover lasciare il lavoro, abbandonare qualsiasi forma di socialità, (basta feste con gli amici, riunioni con associazioni varie e altro). In poche parole direi che la qualità di vita inerente a questo periodo tende a portare ad una visione del mondo circostante alquanto grigia. Sta di fatto però, che, forse per la grande fiducia che io ho sempre avuto nella chirurgia e sicuramente alimentata dalla grande disponibilità e comprensione dei medici, abbia sempre aspettato serenamente e, oserei dire “con impazienza”, il grande evento.
Tale opportunità si è presentata in un giorno di Maggio (per chi è superstizioso voglio dire che era di venerdì 17). Questa però è una di quelle situazioni cui non esistono le parole per descriverle e che comunque non avrebbero senso, posso solo dire di essere stato preso da una grande pace interiore pur avendo presente che in quello stesso momento, da qualche parte, qualcuno piangeva la morte di un suo caro, ma che, nello stesso momento, permetteva la sopravvivenza di uno sconosciuto. Si passa poi al momento del risveglio. Mi scopro pieno di tubi, tubicini, fili, ma …..VIVO. La mente corre subito alla nuova situazione. Non mi chiedo se durerà, so solo che ora ho davanti a me la certezza di qualcosa di nuovo, di grande, di immensamente bello. Vengo dimesso dopo soli diciassette giorni di degenza e mi trovo catapultato nella realtà della nuova vita. La mia mente è un turbinio di idee, progetti, iniziative, …sembra che il tempo non basti più. Devo comunque fare i conti con la nuova situazione sanitaria. I frequenti controlli medici, non lasciano tanto spazio ad altro e, comunque, devono essere tenuti in primo piano.
L’immunosoppressione indotta dai farmaci per evitare il rigetto, non permette di essere a contatto con particolari ambienti ed è principalmente per questo che il campo di partecipazione alla vita di tutti i giorni si fa ristretto. Ma ciò non può assolutamente scoraggiare. La qualità di vita, sicuramente migliore di prima e la sensazione della vittoria sulla malattia porta ad una visione talmente bella del mondo che ci circonda, da indurre il trapiantato ad una disponibilità ed a un altruismo atti a riempire abbondantemente i vuoti lasciati dal precedente modo di vivere. A questo punto potrei continuare a descrivere situazioni e modi di vita all’infinito, ma mi limito ai momenti più importanti che hanno segnato questo importante passaggio della mia esistenza e vorrei sperare che queste mie parole potessero servire a chi vive tale situazione, ad affrontare il futuro con serenità, anche se purtroppo vengono richiesti molti sacrifici ed, in particolar modo, possano dare coraggio e conforto a chi, in questo contesto, si è dovuto trovare dalla parte di “chi ha dato”. A questi vorrei dire ” GRAZIE “, altre parole cadrebbero in un’inutile banalità. Grazie anche a tutti Voi che avete avuto la pazienza di leggermi.
Gianni