Un po’ di aria fresca servirà a far sparire l’odore fastidioso del fumo, quindi uno sguardo alla vita in strada della primavera romana: il sottofondo di macchine che scorrono veloci, gruppi di turisti fermi davanti a un bar, passanti che procedono lentamente non avendo ancora deciso il da farsi, in una notte che per loro si preannuncia ancora lunga.
La serata è appena iniziata, maggio regala sempre temperature piacevoli per i nottambuli come lui, e di solito la meta abituale al termine della giornata lavorativa è un pub proprio dietro l’angolo, vicino casa sua. Durante le serate invernali preferisce sedersi all’interno e bere qualcosa al bancone, con il caldo, invece, i tavolini all’aperto sono il suo costante rifugio, qualche volta fino all’orario di chiusura del locale.
Mentre esce di casa, appena fuori dal portone, sente in sottofondo musica dal vivo, un’ottima compagnia per la serata che sta appena iniziando. Percorre le strade della sua infanzia e si stupisce di come gli siano ancora tanto familiari, nonostante gli anni trascorsi. Ma lo sguardo compiaciuto che lancia verso i luoghi che l’hanno visto crescere, lascia spesso il posto alla delusione per quelli in cui il tempo mostra immancabilmente i suoi segni. Dopo essersi immerso per qualche ora nella vita notturna romana, rientra a casa, ritemprato dalle fatiche quotidiane del suo lavoro, e va subito nello studio per chiudere la finestra prima di andare a letto. Si siede alla scrivania per spegnere il pc, ma prima si concede ancora un attimo… un rapido sguardo al profilo Facebook per controllare se ci sono novità, uno dei pochi svaghi che riesce a tollerare della modernità della rete. Un paio di notifiche di eventi pubblicati da amici, un messaggio di suo cugino che lo saluta e quattro richieste di amicizia. Due sono di suoi vecchi colleghi universitari… chissà come avranno fatto a trovarlo dopo tanti anni. Una di un suo conoscente che abita nelle vicinanze e incontra spesso, e infine la più interessante, una donna, Barbara, molto bella, almeno da quello che si riesce a intravedere dalla foto del profilo, fatta su una barca a vela, ma che in quel momento non sembra dirgli nulla, se non per l’aspetto fisico. Accetta tutte e quattro, ma nessuno di loro è in linea, quindi spegne: approfondirà la conoscenza il giorno dopo con calma. Non è uno che ama particolarmente la tecnologia, preferisce fare tutto come si faceva una volta, il progresso sembra infastidirlo, ossessionarlo, con questa continua ricerca della novità. È come se ne fosse allergico. Non possiede un lettore CD, ascolta la musica ancora sul giradischi con i classici vinili, gli LP, avendone una collezione molto fornita e di generi vari, dal rock al blues, pop, soul e anche italiana, d’autore. È proprio questa passione per la musica che l’ha spinto ad aprire un negozio di dischi quando ha smesso di lavorare stabilmente per il giornale, affittando un piccolo locale nella via di casa sua, riempiendolo anche di una serie di oggetti vintage che ha gelosamente conservato e collezionato negli anni, come la sua cara vecchia Olivetti lettera 22. Il tutto rende il locale molto accogliente e caratteristico, intonato in qualche modo sia alla particolarità del quartiere, sia al suo carattere e modo di essere, quasi fosse un’estensione del suo appartamento. In negozio ad aiutarlo c’è Francesco, un ragazzo poco più che ventenne, piccolino di statura e magrolino. La sua casa è invece in stile con la sua professione, le passioni e le sue tendenze caotiche ma abitudinarie. L’ha arredata in maniera essenziale, senza fronzoli, in base esclusivamente alle sue esigenze, tenuta sempre in ordine da Agnese, la signora che da anni, tre volte a settimana, si prende cura di tutte le faccende domestiche e anche della spesa. La mattina dopo il caffè, la doccia, la barba, passa alla scelta dell’abbigliamento, mai casuale, solo apparentemente trascurato, ma in realtà molto ricercato e a volte anche costoso, intonato alla sua persona in maniera perfetta. La tappa successiva prevede la colazione al bar vicino casa, che in pratica frequenta da una vita; si può dire che lo abbiano visto crescere, fin da quando da bambino attraversava la strada e andava a comprare il latte la mattina presto, prima di andare a scuola. Uno sguardo distratto ai giornali, magari controllando se il suo articolo è stato modificato o ha mantenuto l’impronta originale, senza mai togliersi gli occhiali da sole, un buon cappuccino e cornetto vuoto e, subito dopo, una sigaretta, la prima di una lunga serie fino a notte fonda. Sono ormai le undici di un martedì qualsiasi di inizio maggio, quando la consuetudine quotidiana viene interrotta bruscamente da una pacca sulla spalla, accompagnata da una risata che pare subito essergli familiare. «Guarda, guarda… il più famoso giornalista di cronaca nera di Roma che sbircia tra gli articoli… Stai cercando l’ispirazione?» Andrea si gira. È Coccodrillo… Luca… un tuffo nel passato, dopo parecchio tempo che non lo sentiva… una vita quasi. L’infanzia passata insieme a giocare per strada, la scuola fino agli anni dell’università, quando il cappuccino lo bevevano nei bicchieri di plastica dei distributori automatici, e quella risata che oggi, come allora, rimane inconfondibile, un marchio di fabbrica. Il soprannome di Coccodrillo gliel’aveva affibbiato già da bambino, per il semplice motivo che fin da piccolo indossava ogni giorno una maglietta della Lacoste, con il classico animaletto cucito sul petto. La madre ci teneva molto che suo figlio fosse sempre in ordine e ben vestito, pettinato con la riga da una parte, pantaloni stirati, scarpe pulite, quasi a rendere noto a tutti, nel quartiere, il loro tenore di vita agiato. Anche quando avevano fatto l’università insieme, alla Sapienza, aveva mantenuto questa abitudine, così come il suo simpatico nomignolo, adottato subito da tutti i colleghi universitari. «Signori, ecco a voi il commissario Valenti, meglio noto come Coccodrillo… ti posso offrire qualcosa o sei venuto per arrestarmi? Tu di solito non frequenti mai questo bar, hai sbagliato strada?» «Sì e no…» risponde Luca continuando a sorridere. «Sì, prendo qualcosa con te e no, non ti voglio arrestare.» «Meno male, che ti prendi?» «Un succo di frutta andrà benissimo. Ti sei alzato da poco, vero? Sai da quanto tempo è che io invece sono in giro?» «Me lo immagino, è appunto per questo che ho scelto di fare il giornalista, lo sai benissimo che mi è sempre piaciuto dormire di giorno e stare sveglio di notte per divertirmi.» «Certo che lo so, ti conosco troppo bene… Come stai? È un bel po’ che non ci vediamo, eppure il commissariato qui a Trastevere è vicinissimo a casa tua, è solo una questione di orari diversi, o magari c’è dell’altro?» «A parte che sei tu che non vieni mai qui, ma ho cinquant’anni e sono una persona seria, non faccio più il genere di cose che pensi… e anche se le facessi, non le direi certo a un poliziotto.» Dopo qualche risata e altre confidenze più o meno a bassa voce, squilla il telefono di Luca. «Sì, sono il commissario Valenti, sono in zona…» Adesso l’espressione non è più sorridente, anche il tono di voce è cambiato. «Sono vicinissimo all’ufficio, certo… Ho capito, ho capito. Vengo subito, immediatamente, prendo l’auto di servizio e vi raggiungo, voi intanto avvisate la scientifica, dite a Pasini di isolare il perimetro della scena del crimine e iniziare subito a indagare su possibili testimoni, chiaro?» Terminata la conversazione si rivolge ad Andrea con tono quasi compiaciuto: «Allora, secondo me è il tuo giorno fortunato, capito qui per caso e sbuca fuori un omicidio in pieno giorno con qualche macabro risvolto. Ti piace ancora fare il giornalista di cronaca nera oppure li leggi soltanto i giornali?» «Non è così, guarda che non ci casco… tu mi vuoi coinvolgere nelle indagini, giusto? Lo sai che sono bravo in questo… forse più di te.» «Vaffanculo, Andrea, sbrigati a seguirmi o ti faccio salire in macchina a calci nel sedere. Andiamo, posa quel cappuccino e corri.» Nel breve percorso che va dal bar al commissariato di zona Andrea prova invano a chiedere delucidazioni sul caso per rendersi conto, intanto, di quello che si troverà di fronte, ma riceve in risposta solo monosillabi e dei vaghi vedrai, vedrai quando arriviamo… sbrigati… Salgono in macchina, Luca accende il lampeggiante e la sirena precipitandosi su viale Trastevere in direzione della stazione ferroviaria e, poco prima di giungervi, imbocca contromano via Parini. Arrivati a metà percorso, c’è già il blocco della polizia che ostacola l’accesso in via Segneri. Due volanti occupano tutta la carreggiata impedendo il passaggio, un’ambulanza è già sul posto con il portellone aperto e la lettiga fuori, e la scientifica è attesa a momenti. Due agenti presidiano l’ingresso di un’elegante palazzina dei primi del Novecento color sabbia, molto signorile, con un muro di cinta che sembra voler proteggere il cortile da occhi indiscreti. Subito all’interno alcuni agenti stanno ispezionando il giardino, pulito e curato in ogni angolo, ricco di vegetazione, in cerca di eventuali tracce lasciate dall’assassino. Durante il tragitto in auto Luca e Andrea non hanno scambiato una sola parola. Uno perché già prevedeva le pressioni a cui sarebbe stato sottoposto per quell’indagine, che sicuramente avrebbe coinvolto personaggi influenti nella vita politica della città. L’altro perché intento a salvaguardare la propria incolumità in quella folle corsa nel traffico cittadino, aggrappato con tutte e due le mani alla cintura di sicurezza, e con lo sguardo fisso sulla strada. «Cerca di seguirmi e di osservare i particolari, anche quelli minimi e insignificanti che a me potrebbero sfuggire.» «Certo. Come si dice? Quattro occhi sono sempre meglio di due» ribatte Andrea, ripresosi dalla scarica di adrenalina del viaggio in macchina. A quel punto stava montando in lui una curiosità prettamente professionale su quello che lo stava attendendo di lì a poco. «Non scherzare sempre, dai, so che sei capace di farlo, quindi dammi una mano, mi staranno col fiato sul collo finché questo caso non sarà risolto.» «Ma di chi si tratta, scusa, perché sei tanto preoccupato?» «È stato ucciso l’unico nipote di un onorevole molto in vista, si chiamava Alessandro Salvati.» «Alessandro??» Andrea è molto sorpreso, proprio non se lo aspettava di doversi occupare quel giorno della morte di un suo conoscente. «Perché fai quella faccia, lo conoscevi?» «Sì… ma ci eravamo persi di vista da un po’ di tempo.» «Io non ne so ancora molto, prima al telefono mi hanno accennato che era noto soprattutto nei circoli della vita notturna romana, anche per essere stato coinvolto in un giro di festini a luci rosse a base di cocaina.» «Ha frequentato per un periodo una mia carissima amica, quindi uscivamo insieme; poi lei è partita per la Germania e non è più tornata, non la sento da parecchio… Mi dispiace, non sapevo che abitasse qui in zona.» «Abbiamo scoperto il cadavere grazie alla domestica, perché non riusciva a entrare in casa… suonava da più di dieci minuti, quindi ha telefonato in commissariato.» Mentre entrano nella palazzina Luca tiene il distintivo bene in vista, per superare i vari blocchi degli agenti. «Vieni Andrea, andiamo dal mio vice, così mi aggiorna su quanto è successo… Pasini, ciao… allora? Che mi dici?» «Buongiorno commissario. L’appartamento dove è avvenuto l’omicidio è al secondo piano, stiamo raccogliendo le prime deposizioni dei vicini di casa, ma nessuno sembra aver visto o sentito nulla, e stiamo anche perlustrando il cortile in cerca di indizi.» «Bravo… Prendi tutti i nominativi dei condomini, li sentiremo anche nei prossimi giorni in commissariato.» Luca si sta allontanando, ma Pasini vorrebbe continuare nella sua relazione. «Commissario, ma non vuole sapere altro?» «No, non ti preoccupare, adesso salgo sopra e vedo tutto da solo, non mi vorrai mica rovinare la sorpresa! Continua a far perlustrare il giardino e anche il perimetro esterno… ci vediamo dopo e mi dici se hai scoperto qualcosa.» Salgono in fretta le scale, fino al secondo piano, ed entrano nell’appartamento. Andrea prende il taccuino per cercare di focalizzare i particolari che gli serviranno per il suo articolo di cronaca, ma il fatto che si tratti di un amico non gli renderà facile il compito. L’atmosfera è ovattata: un silenzio irreale, una calma piatta circondano la scena del delitto. Ogni cosa è al suo posto, in ordine, strano per essere la scena dove è avvenuto un crimine, nemmeno una casa mai abitata sarebbe stata così perfetta, tirata a lucido, immacolata. L’appartamento è stato pulito, come se l’assassino si fosse attardato a rimettere ogni cosa al suo posto in una sorta di messinscena, cancellando ogni traccia del suo passaggio. L’unico particolare che non è riuscito a eliminare è l’odore di morte che avvolge la casa come una cappa pesante, che opprime e rende cupo l’ambiente, già di per sé poco invitante. «È un bell’appartamento, non c’è dubbio, molto elegante, aveva gusti particolari da come lo ricordo, ricercati, ma qui non c’è nulla nel mio stile, non ci abiterei mai in una casa così» dice Andrea guardandosi intorno, «nessun oggetto, mobile o complemento d’arredo sembra scelto a caso, è tutto molto costoso, ma per i miei gusti molto pacchiano.» «Lo vedo, guarda questa sedia» sottolinea Luca afferrandola con una mano e spostandola dal tavolino, «costa almeno quello che guadagno io in un mese. Ma lasciamo perdere… vieni, andiamo di là.» Seguendo il viavai sempre più intenso dei suoi colleghi, come fossero formiche vicine al loro rifugio nascosto, Luca si dirige verso la stanza dove probabilmente c’è il cadavere, il bagno. «Vieni, dovrebbe essere qui.» La porta è aperta, la luce soffusa nonostante sia quasi mezzogiorno, le serrande quasi totalmente abbassate; c’è un asciugamano bagnato e attorcigliato buttato nel lavandino come unico elemento fuori posto, mentre il resto è in ordine, perfettamente in linea con l’immagine che l’assassino ha voluto lasciare della casa. Luca non sembra turbato dallo scenario che gli si presenta davanti, rimane freddo e risoluto nei suoi gesti, in fondo è il suo lavoro, e non sarà questa scena del crimine a togliergli il sonno per qualche notte. Andrea, invece, fa un passo indietro, è turbato, spaventato, e avvicinandosi il più possibile con le spalle al muro, inizia a scrivere: il cadavere è appoggiato con la schiena sulla vasca da bagno, seduto per terra, con la testa reclinata all’indietro, le gambe leggermente divaricate, distese in avanti… Non può fare a meno di indugiare su alcuni particolari annotandoli, mentre Luca, indossando un paio di guanti in lattice, ispeziona il cadavere da vicino, piegandosi sulle ginocchia. È ancora vestito di tutto punto, indossa giacca, camicia, cravatta e scarpe, ha un’enorme macchia di sangue in corrispondenza dell’addome dove è stato colpito mortalmente. Fruga nelle tasche, estrae il portafoglio, lo apre, guarda l’orologio, controlla se ha altri oggetti addosso che possano aiutarlo nelle indagini. Poi, la cosa più importante e raccapricciante. Alessandro Salvati non ha più la mano destra. Gli è stata amputata di netto all’altezza del polso, facendo riversare a terra un’enorme quantità di sangue, che copre gran parte del pavimento. Si rialza, rivolgendosi ai colleghi presenti nella stanza: «È arrivata la scientifica? Ho bisogno di tutti i rilievi, impronte, tracce biologiche, qualsiasi cosa utile insomma… mi raccomando, voglio un lavoro perfetto, chiaro?» Poi si gira, vede Andrea ancora appoggiato al muro con lo sguardo fisso verso il cadavere, e si sfila i guanti mettendoseli in tasca. «Tu che ne pensi?» Andrea è scosso. C’è un suo amico lì per terra, e anche se non lo sentiva da tempo lo conosceva bene. Gli hanno sparato, lo hanno mutilato, e non riesce ancora a spiegarselo. «Allora? Hai perso la parola?» «No, scusa, stavo pensando… entrando in casa non ho notato segni di effrazione sulla porta, quindi probabilmente Alessandro conosceva il suo assassino. Magari sono stati fuori insieme per la serata, oppure chi l’ha ucciso si è fatto aprire la porta in seguito, poi sono rimasti in casa per fare qualcosa…» «Pensi a un collegamento con il consumo di cocaina?» «Non lo so di preciso, è presto per dirlo, solo la scientifica potrà confermarlo… forse hanno avuto una discussione, ma il particolare della mano tagliata mi fa pensare più a una specie di codice malavitoso, un regolamento di conti o altro, però collegato sempre al mondo della droga, più che a un omicidio comune, visti i precedenti che mi hai raccontato. E comunque l’assassino l’ha portata via, non mi è sembrato di vederla.» «L’ho pensato anche io, non è una cosa comune fare un lavoretto del genere dopo aver ucciso… Aspetta, è arrivato il medico legale.Buongiorno dottore.» «Buongiorno a lei commissario. Vediamo cosa abbiamo qui…» e così dicendo si china sul cadavere, apre la sua valigetta e inizia a esaminarlo accuratamente. «Colpo d’arma da fuoco, un unico sparo, foro d’entrata sull’addome, non è presente foro d’uscita.» «A che ora indicativamente è avvenuto il delitto?» chiede Luca. «Dalla temperatura del fegato direi che è morto da dieci o dodici ore al massimo, dato confermato anche dallo stato del rigor mortis.» «Quindi tra mezzanotte e l’una… la mano invece?» «Gli è stata amputata di netto, con un’arma da taglio molto affilata, subito dopo avergli sparato vista l’enorme quantità di sangue presente sul pavimento… poi, per i dettagli, dovrete aspettare i risultati dell’autopsia.» «Grazie dottore, a dopo…» Luca e Andrea lasciano la stanza. «Allora Andrea, ricapitoliamo. Due persone entrano in casa, oppure l’assassino è arrivato dopo, questo non lo sappiamo al momento, possiamo solo ipotizzarlo… comunque, molto probabilmente si conoscevano e forse avevano trascorso la serata insieme, poi deve essere avvenuto qualcosa che ha fatto precipitare la situazione, ed è finita in questo modo.» «Forse… ma perché, mi chiedo, ucciderlo in bagno? Se l’assassino voleva sparargli poteva farlo in sala o nel corridoio, in bagno mi sembra complicato, come mi sembra strana la posizione in cui abbiamo trovato il cadavere, come se fosse un rituale o una cosa premeditata, senza contare poi il taglio della mano.» «Da quando faccio questo lavoro è la prima volta che mi capita una cosa del genere… tagliargli una mano.» «A proposito, dov’è finita? L’avrà portata via con sé o l’avrà buttata da qualche parte? Magari in un cassonetto qui nelle vicinanze insieme all’arma del delitto.» «Farò fare un giro di tutto l’isolato per vedere se la trovano in qualche cestino dei rifiuti, bisognerà battere a tappeto l’intera zona circostante, per un raggio abbastanza ampio, potrebbe essersene disfatto mentre scappava.» «È difficile che non se ne sia liberato secondo me, sarebbe una prova troppo compromettente, e inoltre lascerebbe tracce molto importanti dietro di sé… Hai visto anche come ha ripulito l’appartamento?» «Hai ragione… Bisognerà cercare l’arma con cui ha sparato e anche quella del taglio della mano, vedremo se la perquisizione della scientifica evidenzierà tracce di sangue sugli utensili da cucina, magari l’idea dell’amputazione gli è venuta in seguito e ha usato quello che ha trovato in casa…» «Penso che la lista dei sospettati sarà lunga, Alessandro era molto conosciuto in parecchi ambienti. Sarà anche il caso di rintracciare gli spacciatori che lo rifornivano di cocaina, saranno sicuramente più di uno, e non sarà una cosa facile… Sentirei cosa ha da dire la domestica, lei magari ci può aiutare a conoscere qualcosa in più sulle sue abitudini.» «Certo… anche se c’erano strane frequentazioni ultimamente, se sapeva di qualche discussione che aveva avuto con qualcuno, nemici, donne, vizi.» «Se l’omicidio è stato commesso per vendetta le cause potrebbero essere tante… il mancato pagamento di una fornitura di stupefacenti, oppure potrebbe essere legato alle sue compagnie notturne, gelosia, o anche per soldi, magari aveva problemi economici e aveva chiesto un prestito, in questo momento mi viene in mente di tutto.» «Motivi economici non credo. L’abito che indossava era firmato, molto costoso, e di sicuro chi l’ha ucciso, se avesse avuto bisogno di soldi, gli avrebbe rubato l’orologio d’oro che aveva al polso, e invece non l’ha toccato.» «È vero, ma magari l’orologio, un oggetto così facilmente riconducibile alla vittima, sarebbe stato difficile da piazzare da un ricettatore.» «Aveva ancora in tasca il portafoglio con parecchio contante… è un bel casino… c’è anche la possibilità che sia stato rubato qualche oggetto prezioso che era in casa, e a questo punto solo la domestica può dircelo.» «Di sicuro posso dirti che hanno portato via altro, perché in casa non ho visto nessun computer, ma ho notato un mouse buttato nel cestino vicino alla scrivania, e poi non ho visto nemmeno un cellulare, ti pare che un tipo così non ne avesse almeno uno?» «Farò rintracciare l’utenza e controllare i tabulati telefonici, almeno dell’ultimo mese, vedremo se salterà fuori qualche chiamata sospetta o numeri che sentiva abitualmente.» «Se l’assassino, oltre alla mano, ha fatto sparire pc e cellulare magari i due erano in contatto anche via internet, bisognerà fare un controllo dei suoi eventuali profili sui social.» «Senti Andrea, facciamo così. C’è un mucchio di lavoro da fare e io sarò sicuramente sotto pressione… ho visto che hai scritto molti appunti mentre ispezionavo il cadavere, e oltretutto lo conoscevi bene… invece di stare tutto il giorno a ciondolare tra casa e il negozio di dischi, perché non mi aiuti a risolvere questo caso? Io ti potrei dare l’esclusiva in anteprima… che ne dici?» «Dico che sono pronto a salvarti il culo, visto che da solo non ce la faresti mai… quindi accetto la tua proposta, e inoltre, come dici tu, era un mio amico… mi devo ancora riprendere da quello spettacolo, non è un bel modo di cominciare la giornata.» «Spiritoso… salvare il culo a me… dai, è arrivata la scientifica, più tardi vedremo insieme i risultati. Oggi pomeriggio ci sarà l’autopsia, ci verrai, vero?» «Se proprio non ne posso fare a meno… non è una cosa che amo particolarmente, oltretutto fatta a una persona che conoscevo… comunque ci verrò. Però adesso mi porti a pranzo!» «Va bene, da lì andiamo all’istituto di medicina legale e poi ti riaccompagno a casa. Voglio proprio vedere quello che scriverai stasera…»