Libro giallo, d’autore, in vendita nei principali canali internet specializzati, e già acquistato da molti. Social Killer, scritto da Fabrizio Biondi, il thriller ambientato nel mondo dei social network, sta riscuotendo un buon successo tra i lettori appassionati del genere giallo, e adesso per soddisfare la curiosità di molti,in anteprima, il primo capitolo….buona lettura!!
È ormai passata da poco la mezzanotte, nello studio di un pic-
colo appartamento nel cuore di Trastevere il computer è ancora
acceso, sullo schermo l’immagine ferma delle ultime righe di un
articolo di cronaca: fatti, luoghi e personaggi che si intrecciano,
passo dopo passo, ma ancora nessuna firma alla fine del testo.
Sulla scrivania la luce di una lampada, la tastiera appena illumi-
nata, il posacenere pieno di sigarette, una tazzina di caffè sporca.
Poco più in là il taccuino degli appunti con sopra una bustina
di zucchero, il cellulare con gli occhiali appoggiati, e accanto le
chiavi di una Mini.
È tutto racchiuso in questi pochi oggetti il mondo notturno di
Andrea Giordani, arrivato da poco alla soglia dei cinquant’anni…
Certo non sono pochi, gli capita spesso di pensarlo tra una pausa
e l’altra della scrittura, mentre si accende l’ennesima sigaretta.
Nel mezzo del cammin di nostra vita… quante volte ha sentito questi
versi, fin dai tempi della scuola, e mai come ora gli sembrano attuali.
A volte immagina un percorso diverso della sua carriera giornalistica,
fatta troppo spesso di alti e bassi… se avesse seguito i consigli del pa-
dre ora sarebbe avvocato, magari anche sposato, e forse non avrebbe
maturato nessun tipo di rimorso o rimpianto sul suo passato.
Purtroppo tutto questo altalenare di situazioni ha finito per segnare
indelebilmente la sua vita lavorativa e familiare, legata a doppio filo
agli eventi di cronaca dell’ultimo ventennio della capitale.
Non lavora stabilmente per un giornale ormai da quasi otto anni,
e il suo nome, come in quest’ultimo articolo appena scritto, non
compare mai alla fine del pezzo: è un ghostwriter, un fantasma
della carta stampata, nonostante i tanti anni passati stabilmente
in prima pagina, come firma principale della cronaca nera.
Al suo direttore piaceva il modo in cui scriveva e quindi, pur di
non perderlo come giornalista, ha deciso di continuare ad avva-
lersi della sua collaborazione, anche se sotto pseudonimo.
Si alza dalla postazione di scrittura apparentemente soddisfatto
del suo lavoro, passa lentamente una mano tra i capelli, come
per riordinarli, poi strofina due dita sul naso e si dirige verso la
finestra, spalancandola.
Un po’ di aria fresca servirà a far sparire l’odore fastidioso del
fumo, quindi uno sguardo alla vita in strada della primavera ro-
mana: il sottofondo di macchine che scorrono veloci, gruppi di
turisti fermi davanti a un bar, passanti che procedono lentamente
non avendo ancora deciso il da farsi, in una notte che per loro si
preannuncia ancora lunga.
La serata è appena iniziata, maggio regala sempre temperature
piacevoli per i nottambuli come lui, e di solito la meta abituale al
termine della giornata lavorativa è un pub proprio dietro l’ango-
lo, vicino casa sua.
Durante le serate invernali preferisce sedersi all’interno e bere
qualcosa al bancone, con il caldo, invece, i tavolini all’aperto
sono il suo costante rifugio, qualche volta fino all’orario di chiu-
sura del locale.
Mentre esce di casa, appena fuori dal portone, sente in sottofon-
do musica dal vivo, un’ottima compagnia per la serata che sta
appena iniziando.
Percorre le strade della sua infanzia e si stupisce di come gli siano
ancora tanto familiari, nonostante gli anni trascorsi.
Ma lo sguardo compiaciuto che lancia verso i luoghi che l’hanno
visto crescere, lascia spesso il posto alla delusione per quelli in cui
il tempo mostra immancabilmente i suoi segni.
Dopo essersi immerso per qualche ora nella vita notturna romana,
rientra a casa, ritemprato dalle fatiche quotidiane del suo lavoro, e va
subito nello studio per chiudere la finestra prima di andare a letto.
Si siede alla scrivania per spegnere il pc, ma prima si concede
ancora un attimo… un rapido sguardo al profilo Facebook per
controllare se ci sono novità, uno dei pochi svaghi che riesce a
tollerare della modernità della rete.
Un paio di notifiche di eventi pubblicati da amici, un messaggio di
suo cugino che lo saluta e quattro richieste di amicizia. Due sono
di suoi vecchi colleghi universitari… chissà come avranno fatto a
trovarlo dopo tanti anni. Una di un suo conoscente che abita nelle
vicinanze e incontra spesso, e infine la più interessante, una donna,
Barbara, molto bella, almeno da quello che si riesce a intravedere
dalla foto del profilo, fatta su una barca a vela, ma che in quel mo-
mento non sembra dirgli nulla, se non per l’aspetto fisico.
Accetta tutte e quattro, ma nessuno di loro è in linea, quindi spe-
gne: approfondirà la conoscenza il giorno dopo con calma.
Non è uno che ama particolarmente la tecnologia, preferisce fare
tutto come si faceva una volta, il progresso sembra infastidirlo,
ossessionarlo, con questa continua ricerca della novità. È come se
ne fosse allergico. Non possiede un lettore CD, ascolta la musica
ancora sul giradischi con i classici vinili, gli LP, avendone una
collezione molto fornita e di generi vari, dal rock al blues, pop,
soul e anche italiana, d’autore.
È proprio questa passione per la musica che l’ha spinto ad aprire
un negozio di dischi quando ha smesso di lavorare stabilmente
per il giornale, affittando un piccolo locale nella via di casa sua,
riempiendolo anche di una serie di oggetti vintage che ha gelo-
samente conservato e collezionato negli anni, come la sua cara
vecchia Olivetti lettera 22.
Il tutto rende il locale molto accogliente e caratteristico, into-
nato in qualche modo sia alla particolarità del quartiere, sia al
suo carattere e modo di essere, quasi fosse un’estensione del suo
appartamento.
In negozio ad aiutarlo c’è Francesco, un ragazzo poco più che
ventenne, piccolino di statura e magrolino.
La sua casa è invece in stile con la sua professione, le passioni e le
sue tendenze caotiche ma abitudinarie.
L’ha arredata in maniera essenziale, senza fronzoli, in base esclusi-
vamente alle sue esigenze, tenuta sempre in ordine da Agnese, la
signora che da anni, tre volte a settimana, si prende cura di tutte
le faccende domestiche e anche della spesa.
La mattina dopo il caffè, la doccia, la barba, passa alla scelta
dell’abbigliamento, mai casuale, solo apparentemente trascurato,
ma in realtà molto ricercato e a volte anche costoso, intonato alla
sua persona in maniera perfetta.
La tappa successiva prevede la colazione al bar vicino casa, che
in pratica frequenta da una vita; si può dire che lo abbiano visto
crescere, fin da quando da bambino attraversava la strada e anda-
va a comprare il latte la mattina presto, prima di andare a scuola.
Uno sguardo distratto ai giornali, magari controllando se il suo
articolo è stato modificato o ha mantenuto l’impronta originale,
senza mai togliersi gli occhiali da sole, un buon cappuccino e cor-
netto vuoto e, subito dopo, una sigaretta, la prima di una lunga
serie fino a notte fonda.
Sono ormai le undici di un martedì qualsiasi di inizio maggio,
quando la consuetudine quotidiana viene interrotta bruscamente
da una pacca sulla spalla, accompagnata da una risata che pare
subito essergli familiare.
«Guarda, guarda… il più famoso giornalista di cronaca nera di
Roma che sbircia tra gli articoli… Stai cercando l’ispirazione?»
Andrea si gira.
È Coccodrillo… Luca… un tuffo nel passato, dopo parecchio
tempo che non lo sentiva… una vita quasi.
L’infanzia passata insieme a giocare per strada, la scuola fino agli
anni dell’università, quando il cappuccino lo bevevano nei bic-
chieri di plastica dei distributori automatici, e quella risata che
oggi, come allora, rimane inconfondibile, un marchio di fabbrica.
Il soprannome di Coccodrillo gliel’aveva affibbiato già da bambino,
per il semplice motivo che fin da piccolo indossava ogni giorno una
maglietta della Lacoste, con il classico animaletto cucito sul petto.
La madre ci teneva molto che suo figlio fosse sempre in ordine e
ben vestito, pettinato con la riga da una parte, pantaloni stirati,
scarpe pulite, quasi a rendere noto a tutti, nel quartiere, il loro
tenore di vita agiato.
Anche quando avevano fatto l’università insieme, alla Sapienza,
aveva mantenuto questa abitudine, così come il suo simpatico
nomignolo, adottato subito da tutti i colleghi universitari.
«Signori, ecco a voi il commissario Valenti, meglio noto come Coc-
codrillo… ti posso offrire qualcosa o sei venuto per arrestarmi? Tu
di solito non frequenti mai questo bar, hai sbagliato strada?»
«Sì e no…» risponde Luca continuando a sorridere. «Sì, prendo
qualcosa con te e no, non ti voglio arrestare.»
«Meno male, che ti prendi?»
«Un succo di frutta andrà benissimo. Ti sei alzato da poco, vero?
Sai da quanto tempo è che io invece sono in giro?»
«Me lo immagino, è appunto per questo che ho scelto di fare il
giornalista, lo sai benissimo che mi è sempre piaciuto dormire di
giorno e stare sveglio di notte per divertirmi.»
«Certo che lo so, ti conosco troppo bene… Come stai? È un bel
po’ che non ci vediamo, eppure il commissariato qui a Trastevere
è vicinissimo a casa tua, è solo una questione di orari diversi, o
magari c’è dell’altro?»
«A parte che sei tu che non vieni mai qui, ma ho cinquant’anni e
sono una persona seria, non faccio più il genere di cose che pen-
si… e anche se le facessi, non le direi certo a un poliziotto.»
Dopo qualche risata e altre confidenze più o meno a bassa voce,
squilla il telefono di Luca.
«Sì, sono il commissario Valenti, sono in zona…»
Adesso l’espressione non è più sorridente, anche il tono di voce
è cambiato.
«Sono vicinissimo all’ufficio, certo… Ho capito, ho capito. Vengo
subito, immediatamente, prendo l’auto di servizio e vi raggiungo,
voi intanto avvisate la scientifica, dite a Pasini di isolare il perime-
tro della scena del crimine e iniziare subito a indagare su possibili
testimoni, chiaro?»
Terminata la conversazione si rivolge ad Andrea con tono quasi
compiaciuto:
«Allora, secondo me è il tuo giorno fortunato, capito qui per caso
e sbuca fuori un omicidio in pieno giorno con qualche macabro
risvolto. Ti piace ancora fare il giornalista di cronaca nera oppure
li leggi soltanto i giornali?»
«Non è così, guarda che non ci casco… tu mi vuoi coinvolgere nelle
indagini, giusto? Lo sai che sono bravo in questo… forse più di te.»
«Vaffanculo, Andrea, sbrigati a seguirmi o ti faccio salire in mac-
china a calci nel sedere. Andiamo, posa quel cappuccino e corri.»
Nel breve percorso che va dal bar al commissariato di zona An-
drea prova invano a chiedere delucidazioni sul caso per rendersi
conto, intanto, di quello che si troverà di fronte, ma riceve in
risposta solo monosillabi e dei vaghi vedrai, vedrai quando arri-
viamo… sbrigati…
Salgono in macchina, Luca accende il lampeggiante e la sirena pre-
cipitandosi su viale Trastevere in direzione della stazione ferroviaria
e, poco prima di giungervi, imbocca contromano via Parini.
Arrivati a metà percorso, c’è già il blocco della polizia che ostacola
l’accesso in via Segneri.
Due volanti occupano tutta la carreggiata impedendo il passag-
gio, un’ambulanza è già sul posto con il portellone aperto e la
lettiga fuori, e la scientifica è attesa a momenti.
Due agenti presidiano l’ingresso di un’elegante palazzina dei pri-
mi del Novecento color sabbia, molto signorile, con un muro di
cinta che sembra voler proteggere il cortile da occhi indiscreti.
Subito all’interno alcuni agenti stanno ispezionando il giardino,
pulito e curato in ogni angolo, ricco di vegetazione, in cerca di
eventuali tracce lasciate dall’assassino.
Durante il tragitto in auto Luca e Andrea non hanno scambiato
una sola parola. Uno perché già prevedeva le pressioni a cui sareb-
be stato sottoposto per quell’indagine, che sicuramente avrebbe
coinvolto personaggi influenti nella vita politica della città. L’al-
tro perché intento a salvaguardare la propria incolumità in quella
folle corsa nel traffico cittadino, aggrappato con tutte e due le
mani alla cintura di sicurezza, e con lo sguardo fisso sulla strada.
«Cerca di seguirmi e di osservare i particolari, anche quelli mini-
mi e insignificanti che a me potrebbero sfuggire.»
«Certo. Come si dice? Quattro occhi sono sempre meglio di due»
ribatte Andrea, ripresosi dalla scarica di adrenalina del viaggio in
macchina. A quel punto stava montando in lui una curiosità pret-
tamente professionale su quello che lo stava attendendo di lì a poco.
«Non scherzare sempre, dai, so che sei capace di farlo, quindi
dammi una mano, mi staranno col fiato sul collo finché questo
caso non sarà risolto.»
«Ma di chi si tratta, scusa, perché sei tanto preoccupato?»
«È stato ucciso l’unico nipote di un onorevole molto in vista, si
chiamava Alessandro Salvati.»
«Alessandro??»
Andrea è molto sorpreso, proprio non se lo aspettava di doversi
occupare quel giorno della morte di un suo conoscente.
«Perché fai quella faccia, lo conoscevi?»
«Sì… ma ci eravamo persi di vista da un po’ di tempo.»
«Io non ne so ancora molto, prima al telefono mi hanno accenna-
to che era noto soprattutto nei circoli della vita notturna romana,
anche per essere stato coinvolto in un giro di festini a luci rosse a
base di cocaina.»
«Ha frequentato per un periodo una mia carissima amica, quindi
uscivamo insieme; poi lei è partita per la Germania e non è più
tornata, non la sento da parecchio… Mi dispiace, non sapevo che
abitasse qui in zona.»
«Abbiamo scoperto il cadavere grazie alla domestica, perché non
riusciva a entrare in casa… suonava da più di dieci minuti, quindi
ha telefonato in commissariato.»
Mentre entrano nella palazzina Luca tiene il distintivo bene in
vista, per superare i vari blocchi degli agenti.
«Vieni Andrea, andiamo dal mio vice, così mi aggiorna su quanto
è successo… Pasini, ciao… allora? Che mi dici?»
«Buongiorno commissario. L’appartamento dove è avvenuto l’o-
micidio è al secondo piano, stiamo raccogliendo le prime depo-
sizioni dei vicini di casa, ma nessuno sembra aver visto o sentito
nulla, e stiamo anche perlustrando il cortile in cerca di indizi.»
«Bravo… Prendi tutti i nominativi dei condomini, li sentiremo
anche nei prossimi giorni in commissariato.»
Luca si sta allontanando, ma Pasini vorrebbe continuare nella sua
relazione. «Commissario, ma non vuole sapere altro?»
«No, non ti preoccupare, adesso salgo sopra e vedo tutto da solo,
non mi vorrai mica rovinare la sorpresa! Continua a far perlustra-
re il giardino e anche il perimetro esterno… ci vediamo dopo e mi
dici se hai scoperto qualcosa.»
Salgono in fretta le scale, fino al secondo piano, ed entrano nell’ap-
partamento. Andrea prende il taccuino per cercare di focalizzare i
particolari che gli serviranno per il suo articolo di cronaca, ma il
fatto che si tratti di un amico non gli renderà facile il compito.
L’atmosfera è ovattata: un silenzio irreale, una calma piatta cir-
condano la scena del delitto.
Ogni cosa è al suo posto, in ordine, strano per essere la scena dove
è avvenuto un crimine, nemmeno una casa mai abitata sarebbe
stata così perfetta, tirata a lucido, immacolata.
L’appartamento è stato pulito, come se l’assassino si fosse attarda-
to a rimettere ogni cosa al suo posto in una sorta di messinscena,
cancellando ogni traccia del suo passaggio.
L’unico particolare che non è riuscito a eliminare è l’odore di
morte che avvolge la casa come una cappa pesante, che opprime
e rende cupo l’ambiente, già di per sé poco invitante.
«È un bell’appartamento, non c’è dubbio, molto elegante, aveva
gusti particolari da come lo ricordo, ricercati, ma qui non c’è nul-
la nel mio stile, non ci abiterei mai in una casa così» dice Andrea
guardandosi intorno, «nessun oggetto, mobile o complemento
d’arredo sembra scelto a caso, è tutto molto costoso, ma per i
miei gusti molto pacchiano.»
«Lo vedo, guarda questa sedia» sottolinea Luca afferrandola con una
mano e spostandola dal tavolino, «costa almeno quello che guada-
gno io in un mese. Ma lasciamo perdere… vieni, andiamo di là.»
Seguendo il viavai sempre più intenso dei suoi colleghi, come fos-
sero formiche vicine al loro rifugio nascosto, Luca si dirige verso
la stanza dove probabilmente c’è il cadavere, il bagno.
«Vieni, dovrebbe essere qui.»
La porta è aperta, la luce soffusa nonostante sia quasi mezzogior-
no, le serrande quasi totalmente abbassate; c’è un asciugamano
bagnato e attorcigliato buttato nel lavandino come unico elemen-
to fuori posto, mentre il resto è in ordine, perfettamente in linea
con l’immagine che l’assassino ha voluto lasciare della casa.
Luca non sembra turbato dallo scenario che gli si presenta da-
vanti, rimane freddo e risoluto nei suoi gesti, in fondo è il suo
lavoro, e non sarà questa scena del crimine a togliergli il sonno
per qualche notte.
Andrea, invece, fa un passo indietro, è turbato, spaventato, e av-
vicinandosi il più possibile con le spalle al muro, inizia a scrivere:
il cadavere è appoggiato con la schiena sulla vasca da bagno, seduto
per terra, con la testa reclinata all’indietro, le gambe leggermente
divaricate, distese in avanti…
Non può fare a meno di indugiare su alcuni particolari annotan-
doli, mentre Luca, indossando un paio di guanti in lattice, ispe-
ziona il cadavere da vicino, piegandosi sulle ginocchia. È ancora
vestito di tutto punto, indossa giacca, camicia, cravatta e scarpe,
ha un’enorme macchia di sangue in corrispondenza dell’addome
dove è stato colpito mortalmente.
Fruga nelle tasche, estrae il portafoglio, lo apre, guarda l’orologio,
controlla se ha altri oggetti addosso che possano aiutarlo nelle
indagini.
Poi, la cosa più importante e raccapricciante.
Alessandro Salvati non ha più la mano destra. Gli è stata ampu-
tata di netto all’altezza del polso, facendo riversare a terra un’e-
norme quantità di sangue, che copre gran parte del pavimento.
Si rialza, rivolgendosi ai colleghi presenti nella stanza:
«È arrivata la scientifica? Ho bisogno di tutti i rilievi, impronte,
tracce biologiche, qualsiasi cosa utile insomma… mi raccomando,
voglio un lavoro perfetto, chiaro?»
Poi si gira, vede Andrea ancora appoggiato al muro con lo sguar-
do fisso verso il cadavere, e si sfila i guanti mettendoseli in tasca.
«Tu che ne pensi?»
Andrea è scosso. C’è un suo amico lì per terra, e anche se non lo
sentiva da tempo lo conosceva bene. Gli hanno sparato, lo hanno
mutilato, e non riesce ancora a spiegarselo.
«Allora? Hai perso la parola?»
«No, scusa, stavo pensando… entrando in casa non ho notato
segni di effrazione sulla porta, quindi probabilmente Alessandro
conosceva il suo assassino. Magari sono stati fuori insieme per la
serata, oppure chi l’ha ucciso si è fatto aprire la porta in seguito,
poi sono rimasti in casa per fare qualcosa…»
«Pensi a un collegamento con il consumo di cocaina?»
«Non lo so di preciso, è presto per dirlo, solo la scientifica potrà
confermarlo… forse hanno avuto una discussione, ma il partico-
lare della mano tagliata mi fa pensare più a una specie di codice
malavitoso, un regolamento di conti o altro, però collegato sem-
pre al mondo della droga, più che a un omicidio comune, visti
i precedenti che mi hai raccontato. E comunque l’assassino l’ha
portata via, non mi è sembrato di vederla.»
«L’ho pensato anche io, non è una cosa comune fare un lavoretto
del genere dopo aver ucciso… Aspetta, è arrivato il medico legale.
Buongiorno dottore.»
«Buongiorno a lei commissario. Vediamo cosa abbiamo qui…» e
così dicendo si china sul cadavere, apre la sua valigetta e inizia a
esaminarlo accuratamente.
«Colpo d’arma da fuoco, un unico sparo, foro d’entrata sull’ad-
dome, non è presente foro d’uscita.»
«A che ora indicativamente è avvenuto il delitto?» chiede Luca.
«Dalla temperatura del fegato direi che è morto da dieci o dodici
ore al massimo, dato confermato anche dallo stato del rigor mortis.»
«Quindi tra mezzanotte e l’una… la mano invece?»
«Gli è stata amputata di netto, con un’arma da taglio molto affi-
lata, subito dopo avergli sparato vista l’enorme quantità di sangue
presente sul pavimento… poi, per i dettagli, dovrete aspettare i
risultati dell’autopsia.»
«Grazie dottore, a dopo…»
Luca e Andrea lasciano la stanza.
«Allora Andrea, ricapitoliamo. Due persone entrano in casa,
oppure l’assassino è arrivato dopo, questo non lo sappiamo al
momento, possiamo solo ipotizzarlo… comunque, molto proba-
bilmente si conoscevano e forse avevano trascorso la serata insie-
me, poi deve essere avvenuto qualcosa che ha fatto precipitare la
situazione, ed è finita in questo modo.»
«Forse… ma perché, mi chiedo, ucciderlo in bagno? Se l’assassino
voleva sparargli poteva farlo in sala o nel corridoio, in bagno mi
sembra complicato, come mi sembra strana la posizione in cui
abbiamo trovato il cadavere, come se fosse un rituale o una cosa
premeditata, senza contare poi il taglio della mano.»
«Da quando faccio questo lavoro è la prima volta che mi capita
una cosa del genere… tagliargli una mano.»
«A proposito, dov’è finita? L’avrà portata via con sé o l’avrà butta-
ta da qualche parte? Magari in un cassonetto qui nelle vicinanze
insieme all’arma del delitto.»
«Farò fare un giro di tutto l’isolato per vedere se la trovano in
qualche cestino dei rifiuti, bisognerà battere a tappeto l’intera
zona circostante, per un raggio abbastanza ampio, potrebbe es-
sersene disfatto mentre scappava.»
«È difficile che non se ne sia liberato secondo me, sarebbe una
prova troppo compromettente, e inoltre lascerebbe tracce molto
importanti dietro di sé… Hai visto anche come ha ripulito l’ap-
partamento?»
«Hai ragione… Bisognerà cercare l’arma con cui ha sparato e an-
che quella del taglio della mano, vedremo se la perquisizione della
scientifica evidenzierà tracce di sangue sugli utensili da cucina,
magari l’idea dell’amputazione gli è venuta in seguito e ha usato
quello che ha trovato in casa…»
«Penso che la lista dei sospettati sarà lunga, Alessandro era molto
conosciuto in parecchi ambienti. Sarà anche il caso di rintracciare
gli spacciatori che lo rifornivano di cocaina, saranno sicuramente
più di uno, e non sarà una cosa facile… Sentirei cosa ha da dire la
domestica, lei magari ci può aiutare a conoscere qualcosa in più
sulle sue abitudini.»
«Certo… anche se c’erano strane frequentazioni ultimamente, se
sapeva di qualche discussione che aveva avuto con qualcuno, ne-
mici, donne, vizi.»
«Se l’omicidio è stato commesso per vendetta le cause potrebbero
essere tante… il mancato pagamento di una fornitura di stupefa-
centi, oppure potrebbe essere legato alle sue compagnie notturne,
gelosia, o anche per soldi, magari aveva problemi economici e aveva
chiesto un prestito, in questo momento mi viene in mente di tutto.»
«Motivi economici non credo. L’abito che indossava era firmato,
molto costoso, e di sicuro chi l’ha ucciso, se avesse avuto bisogno
di soldi, gli avrebbe rubato l’orologio d’oro che aveva al polso, e
invece non l’ha toccato.»
«È vero, ma magari l’orologio, un oggetto così facilmente ricon-
ducibile alla vittima, sarebbe stato difficile da piazzare da un ri-
cettatore.»
«Aveva ancora in tasca il portafoglio con parecchio contante… è
un bel casino… c’è anche la possibilità che sia stato rubato qual-
che oggetto prezioso che era in casa, e a questo punto solo la
domestica può dircelo.»
«Di sicuro posso dirti che hanno portato via altro, perché in casa
non ho visto nessun computer, ma ho notato un mouse buttato
nel cestino vicino alla scrivania, e poi non ho visto nemmeno un
cellulare, ti pare che un tipo così non ne avesse almeno uno?»
«Farò rintracciare l’utenza e controllare i tabulati telefonici, alme-
no dell’ultimo mese, vedremo se salterà fuori qualche chiamata
sospetta o numeri che sentiva abitualmente.»
«Se l’assassino, oltre alla mano, ha fatto sparire pc e cellulare ma-
gari i due erano in contatto anche via internet, bisognerà fare un
controllo dei suoi eventuali profili sui social.»
«Senti Andrea, facciamo così. C’è un mucchio di lavoro da fare
e io sarò sicuramente sotto pressione… ho visto che hai scritto
molti appunti mentre ispezionavo il cadavere, e oltretutto lo co-
noscevi bene… invece di stare tutto il giorno a ciondolare tra casa
e il negozio di dischi, perché non mi aiuti a risolvere questo caso?
Io ti potrei dare l’esclusiva in anteprima… che ne dici?»
«Dico che sono pronto a salvarti il culo, visto che da solo non
ce la faresti mai… quindi accetto la tua proposta, e inoltre, come
dici tu, era un mio amico… mi devo ancora riprendere da quello
spettacolo, non è un bel modo di cominciare la giornata.»
«Spiritoso… salvare il culo a me… dai, è arrivata la scientifica, più
tardi vedremo insieme i risultati. Oggi pomeriggio ci sarà l’autop-
sia, ci verrai, vero?»
«Se proprio non ne posso fare a meno… non è una cosa che amo
particolarmente, oltretutto fatta a una persona che conoscevo…
comunque ci verrò. Però adesso mi porti a pranzo!»
«Va bene, da lì andiamo all’istituto di medicina legale e poi ti
riaccompagno a casa. Voglio proprio vedere quello che scriverai
stasera…»
Fabrizio Biondi